lunedì 22 febbraio 2010

La città sgrammaticata - Stop child labour


Foto e testo di
Gigliola Siragusa
(da Palermo)

A Palermo capita sempre più spesso di vedere bimbi in età scolare a spasso la mattina, soprattutto nei quartieri più problematici. Mi chiedo: ma se un bambino non va a scuola, lo Stato se ne accorge? Anche se la scuola è carente sotto molti aspetti, rimane sempre e comunque un luogo di riferimento importante per il bambino: ed è certamente meglio "lavorare" in classe piuttosto che essere risucchiati sin da piccoli nel vortice della vita di strada. (Nella foto una bambina gitana).

12 commenti:

  1. Gianni, tu pensi che noi viviamo nel cosiddetto mondo occidentale? Io dico di no, minimo minimo c'è un errore

    RispondiElimina
  2. Gianni, secondo te è tutta colpa dei genitori?
    Certo che no. Una volta c'erano insegnanti (non tutti e forse non molti, ma c'erano) che curavano amorevolmente il loro piccolo gregge, erano capaci di perdere il pomeriggio andando ad investigare in casa di qualche pecorella smarrita, alzando magari la voce, con l'autorità che derivava dalla loro preminenza sociale. Per carità, non molta, ma un po' di educazione a scuola s'insegnava. I genitori lassisti si potevano intimidire (nel senso buono) e qualche risultato forse si strappava.
    Adesso, non solo gli insegnanti ma anche uno di noi ha paura a circolare in certi quartieri.
    Tutti oggi lo dicono: la scuola istruisce, non educa.
    Bisognerebbe continuare: perché?
    ..............................
    Gianni, non ti sto facendo un quadretto idillico, il degrado esisteva anche allora, le relazioni umane, però, erano un'altra cosa.

    RispondiElimina
  3. Credo che la risposta (sintetica) sia nella foto e nelle parole di Gigliola: sempre meglio "lavorare" (e avere relazioni) a scuola che "lavorare" (e intrattenere relazioni pericolose) per strada.

    RispondiElimina
  4. Antonio, c'è un gran desiderio di relazioni umane vere. Forse questo ci potrà aiutare a ricostruire qualcosa.

    RispondiElimina
  5. Non sono molto d'accordo Gigliola. Non credo che ci sia un gran desiderio di relazioni umane vere. Questo desiderio è il desiderio di una parte sola e non è generalizzato.
    Forse io vi sembrerò esagerata ma sicuramente frequento e ho frequentato, per via della mia professione, moltissime persone della più svariata estrazione sociale e formazione culturale. Soprattutto giovani. Credetemi solo un 10% di loro era ed è realmente interessato a relazioni umane "vere", la maggior parte si limita ad intrattenere solo quei rapporti che possono avere un vantaggio personale o che sono neutri.
    Certo il bambino è un "materiale" umano plasmabile e pertanto dovrebbe essere oggetto di infinita attenzione da parte della famiglia e della scuola, soprattutto dove la famiglia è carente, ma Antonio Carollo ha ragione ormai la maggior parte degli insenanti si limita ad istruire (quando ne è capace) ma di educare non se ne parla proprio!

    RispondiElimina
  6. Cara Fara, che dirti? Spero almeno che questo 10% di cui tu parli possa essere sufficiente per augurare ai nostri figli un futuro migliore.

    RispondiElimina
  7. Magari rischio di sembrare monomaniaco, ma credo che la televisione, soprattutto quella commerciale, abbia peggiorato i rapporti tra le persone. Non credo che sia responsabile di tutti i nostri acciacchi, ma ci ha reso più superficiali e più duri d'orecchio. E' lei che ci educa (o chi per lei) e il prodotto non è granché. Forse non c'entra molto con la bimba del bel ritratto di Gigliola, ma ho la sensazione che ci stiamo perdendo qualcosa. Proprio come la bimba gitana che non andrà a scuola.

    RispondiElimina
  8. Come si può pretendere che gli insegnanti abbiano il doppio ruolo di insegnare ed educare nelle condizioni in cui si trovano? Stipendi ai limiti della povertà, mancanza di fondi scolastici con i genitori che si autotassano per comprare la carta igienica oppure vanno a pitturare i muri cadenti delle classi. Gli insegnanti, soprattutto quelli delle scuole materne ed elementari (che sono quelli che possono ancora avere un minimo di ascendente sui caratteri dei bimbi), dovrebbero essere una classe di elite, continuamente aggiornati e formati per plasmare le giovani anime. E invece? Lo Stato ha completamente abbandonato la classe insegnante e questo non è successo di certo ieri.

    RispondiElimina
  9. Per non parlare dei quartieri "problematici" di Palermo tipo Brancaccio, Sperone, Acquasanta. Altro che andare a scuola! Già è un miracolo se i bambini a 12 anni non spacciano e le bambine non si prostituiscono.
    Non ci si può stupire se poi il mondo che abbiamo intorno gira in un certo modo

    RispondiElimina
  10. Stupirsi certamente no, Pirsimona, ma sensibilizzare su questo argomento mi sembra il minimo che un cittadino possa fare riguardo alla realtà in cui vive.

    RispondiElimina
  11. Conosco poco Palermo, ma sapere che ci sono bambini che rischiano così tanto mi ferisce. Non si dovrebbero decuplicare gli investimenti (scuola, strutture), proprio dove ci sono più problemi? Mi ferisce ancora di più la miopia dei politici che scegliamo e la nostra stessa miopia quando li scegliamo.

    RispondiElimina
  12. La situazione della scuola, come tanti altri servizi, vedi la giustizia, la sanità, è ai limiti della sussistenza, lo sappiamo. Però l'abbandono della missione educativa ha poco a che fare con la carenza di mezzi finanziari. Qui si parla di indirizzi formativi, di programmi e di sensibilità deontologica (degli insegnanti), d'innovazione e arricchimento nell'offerta della pubblica istruzione. Certo. non è cosa che può essere demandata al singolo insegnante, ma non vedo in giro alcun fermento nel campo dell'insegnamento che miri ad una reale riforma nei modi di formazione culturale, educativa e civica dei giovani.
    Oggi, come una volta, è preziosa anche la più modesta iniziativa personale. Non è detto che l'azione educativa dei singoli insegnanti, nel loro piccolo, non possano sortire alcun effetto nella comunità di appartenenza della scuola.
    Però ci vorrebbero insegnanti-eroi, me ne rendo conto, in una società che annega nell'indifferenza, impegnata solo nella corsa al denaro, al consumo, al successo a tutti i costi.

    RispondiElimina