martedì 16 marzo 2010

Sollazzo e il Sessantotto


Pubblicato qualche tempo fa nel blog di Roberto Alajmo, lo pubblico ora qui.

Palermo, maggio 1968 (Scuola media G. Carducci già Trentatreesima). Nella mia angusta auletta erano stipati diciotto ragazzini. Spiccava per esuberanza sessuale un certo Sollazzo: non ricordo il nome. Ci chiamavamo, come nell'omomastica cardiologica deamicisiana, per cognome. Il mio cognome buffo e al femminile mi faceva soffrire le pene dell'inferno. Allegra: ehi, bambola, come stai? E faceva il paio con quello di Sollazzo. A dodici anni non sapevo cosa significasse sollazzo: ce lo spiegò un sadico insegnante che lo abbinava, per significato analogo, al mio, ridendoci clamorosamente su e facendo sgnignazzare quegli altri diciassette stronzi. Ebbi probabilmente degli anomali e precocissimi attacchi ipertensivi. Ma lui, Sollazzo, era alto, occhi azzurri e capelli un po' anarchici e biondastri. Non bello, ma navigato, piuttosto trasandato, viveur e sciupafemmine. Io, biondino, occhialuto, vestito in perfetto ordine, pantaloni all'inglese (da suicidio), primi peli impertinenti e patologicamente inibito. Se una femminuccia per puro caso mi guardava o ero io a dare uno sguardo involontario e fugacissimo, ero preso da un rossore violento che metteva a repentaglio tutti i capillari facciali. Le lenti di quei fottuti occhiali si appannavano e sudavo freddo. Un giorno sulla parete su cui poggiava perpendicolarmente il mio banco, apparve una scritta incisa con biro rossa: "Rosa ti amo". Non fui io ma temevo che quella strana vicinanza fosse la prova schiacciante di un mio misfatto. Scandalo, scandalo! Preside e vice preside in aula con gli occhi fuori dalle orbite, urla e disapprovazione, aggettivi altisonanti, pugni sulla scrivania dell'insegnante di lettere, mi pare. Chi è stato? Chi cazzo è stato? Il preside perse il controllo fisico e dialettico. Io pensai di morire. Fu individuato il colpevole, non so come. Ero in totale black out. Sollazzo, naturalmente. Sospeso per quindici giorni. Per atti osceni, mi pare. Rosa era una brunetta con un bel culetto: lo dico col sesso di poi. Allora non osavo guardare i culetti delle femminucce di facili costumi...Cominciò il mio sessantotto.

5 commenti:

  1. E pensare che pure il cognome di Sollazzo prestava il fianco a battute pesanti...
    La storia sembra leggera solo con il senno (o il sesso?) di poi, ma dev'essere stata drammatica a quei tempi, commisurandola all'armamentario a disposizione di un ragazzino. A proposito delle decisioni istituzionali, meno male che è arrivato il sessantotto, con tanto di Jefferson Airplane al seguito...

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  2. Quel sesso di poi è un refuso già pubblicato dalle parti dell'amico scrittore, che ripropongo papale papale qui: molto freudiano. E piuttosto comico.

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  3. Non ci sono commenti da parte di alcuni perché sono già stati fatti nel blog di Alajmo.

    Mitico Sollazzo!
    Ho avuto un collega-tesista all'università con questo cognome. Uno che non è emigrato, semplicemente ha scelto di continuare una ricerca ( e quindi un lavoro) che poteva svolgere ad Heidelberg e non a Palermo. Non si parte solo per disperazione o costrizione ma anche solo per scelta

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  4. Non credo che i frequentatori del blog di Roberto transitino necessariamente tutti da queste parti per affinità: qualcuno forse. Altrimenti potrei dire che anche quelli del blog di Gery. La mancanza (numerosa) di commenti non è (per me) frustrante: so che molti leggono ma non scrivono. Rispetto molto la loro discrezione.

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  5. Infatti, io ho scritto "di alcuni". E "Alcuni" sta per quei pochi che frequentano altri blog, non per tutti.

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